venerdì 13 luglio 2012

Ezio Auditore da Firenze

Ezio Auditore da Firenze (1459 - 1524) fu uno dei più grandi Mentori dell'Ordine degli Assassini.
Antenato di Desmond Miles e di Clay Kaczmarek[2], Ezio non era a conoscenza della sua eredità di Assassino fino a 17 anni, quando il padre e i due fratelli, Federico e Petruccio, vennero uccisi. Ezio fuggì da Firenze, e si rifugiò a Villa Auditore, nel borgo di Monteriggioni.
Scoperta la sua eredità di famiglia dallo zio, Mario Auditore, Ezio iniziò il suo addestramento da Assassino e la sua ricerca di vendetta contro il Gran Maestro dell'Ordine dei Templari, Rodrigo Borgia, che aveva ordinato l'esecuzione della famiglia. Durante la sua vendetta, Ezio riuscì a recuperare le pagine del Codice di Altaïr per la prima volta da Domenico Auditore, e salvò le città di Firenze e Venezia dal controllo dei Templari. Riuscì inoltre ad assicurare il viaggio di Cristoforo Colombo verso il "Nuovo Mondo".[3] Dopo la morte dello zio per mano di Cesare Borgia, Ezio liberò Roma dal controllo dei Borgia, contribuendo a diffondere gli ideali del Rinascimento in tutta Italia.
Pochi anni dopo, Ezio trovò una lettera del padre riguardante una Biblioteca nascosta a Masyaf, in cui ci sarebbe dovuta essere una saggezza inestimabile per gli Assassini. Arrivato alla fortezza, scopre che è controllata dai Templari, e, dopo essere fuggito, viaggia verso Costantinopoli, dove inizia la ricerca delle cinque Chiavi necessarie per aprire la Biblioteca.

Biografia

Giovinezza

Ezio Auditore nacque il 24 giugno 1459 da Giovanni e Maria Auditore. Fu il secondogenito della famiglia, dato che, prima di lui, era nato già Federico. Fino all'età di 17 anni, Ezio visse una vita fatta di lusso e agiatezze, essendo un membro della nobiltà fiorentina, anche se in segreto suo padre era un Assassino. Da giovane, Ezio era un apprendista banchiere presso Giovanni Tornabuoni, presumibilmente per prendere più avanti il comando della banca degli Auditore.[1][4]Nel 1476, Ezio, suo fratello Federico e degli amici stavano affrontando Vieri de' Pazzi e il suo gruppo. Ezio riuscì a sconfiggere molti di loro, ma Vieri riuscì a fuggire prima che Ezio potesse colpirlo. Poco prima dello scontro, Vieri aveva lanciato una pietra in faccia ad Ezio, ferendolo. Federico, quindi, gli consigliò di andare a visitarsi dal loro medico di famiglia. Quindi, dopo aver derubato gli uomini di Vieri rimasti sconfitti, si recarono dal medico, che curò la ferita.
Lasciato il dottore, a Federico, guardando la chiesa di Santa Trinita, venne l'idea di fare una gara a chi arrivava per primo sul tetto. Ezio vinse, ed i due si arrampicarono sul campanile, dove contemplarono Firenze. Realizzando che era vicino alla casa della sua fidanzata, Cristina Vespucci, Ezio si recò alla sua casa, in cui trascorse la notte. Tuttavia, la mattina dopo, il padre di Cristina scoprì Ezio, che riuscì però a fuggire dalle guardie. Ezio scappò fino a Palazzo Auditore, dove incontrò il padre Giovanni, che lo richiamò, per poi ammettere però che gli ricordava lui alla sua età. Dopodiché, Giovanni lo incaricò di consegnare una lettera a Lorenzo de' Medici, che tuttavia era partito per Careggi. Tornato a casa e informato dell'assenza di Lorenzo il padre, che era in compagnia del gonfaloniere di giustizia Uberto Alberti, chiese ad Ezio di aiutare gli altri membri della famiglia.
Ezio trovò il fratello minore Petruccio fuori dalla casa, che gli chiese di recuperare delle piume dai tetti, promettendo di ritornare a letto se Ezio gliele avesse recuperate. Dopo la ricerca delle piume, Ezio trovò la sorella Claudia molto turbata per aver scoperto che il suo ragazzo, Duccio de Luca, le era stato infedele. Quindi, dopo aver scoperto dove si trovava, Ezio diede una lezione a Duccio, intimandogli di stare lontano dalla sorella. Tornato al palazzo nuovamente, Maria, la madre di Ezio, gli chiese di accompagnarla a racuperare dei quadri commissionati ad un giovane pittore che aveva conosciuto, Leonardo da Vinci. Una volta recuperati i quadri, mentre tornavano a casa, Leonardo ed Ezio conversarono, stringendo amicizia.[1]

Esecuzione della famiglia


Aiutata la madre, ad Ezio fu affidato dal padre il compito di consegnare due lettere e prelevarne una terza da una colombaia non lontana dal palazzo. Ezio accettò, e dopo aver fatto due incontri insoliti con i destinatari delle lettere, un mercenario, un ladro e una cortigiana, Ezio recuperò la lettera della colombaia, e poté vedere delle guardie correre attraverso Firenze. Completato il compito, Ezio tornò a casa, trovandola tuttavia messa a soqquadro, mentre il padre e fratelli erano scomparsi, e la madre e la sorella erano nascoste. Saputo dalla governante Annetta che le guardie avevano arrestato Giovanni e i figli, Ezio si diresse verso Palazzo della Signoria, dove erano detenuti. Riuscito a scalare il palazzo, riuscì a parlare con il padre dalla finestra della prigione. Giovanni incaricò Ezio di trovare un baule nascosto in una stanza segreta, prendere tutto il contenuto, e consegnare una lettera a Uberto Alberti. Così facendo, Ezio riuscì a trovare le vesti del padre, una spada, una lama e una polsiera avvolti da una pergamena, e la lettera da consegnare ad Uberto. Ezio, nonostante gli attacchi da parte delle guardie intente ad ucciderlo, riuscì a consegnare i documenti ad Alberti, che gli assicurò il rilascio della famiglia, presentando i documenti come prova della loro innocenza. Ezio, stanco, si recò a casa di Cristina, dove si addormentò tra le sue braccia.
Il giorno seguente, Ezio si recò in Piazza della Signoria, dove Uberto presiedeva il processo agli Auditore. Giovanni protestò sostenendo la sua innocenza, citando i documenti consegnati ad Alberti le sera precedente. Tuttavia, Alberti finse di non saperne nulla. Ezio urlò che Uberto stava mentendo, ma ciò non poté impedire la morte della famiglia, ed Ezio poté solamente guardare impotente l'impiccagione del padre e dei fratelli. Mentre tentava di avvicinarsi freneticamente verso Uberto, fu fermato dalle guardie, a cui venne ordinato di ucciderlo. Su sollecitazione di uno dei compagni di Giovanni, un ladro, Ezio riuscì a fuggire dalle guardie. Alcune ore dopo, Ezio raggiunse Cristina, e le chiese di accompagnarlo a dare l'ultimo saluto alla sua famiglia. Arrivati in Piazza della Signoria, videro che i corpi erano già stati deposti e, interrogata una guardia, i due scoprirono che stavano per gettarli nell'Arno. Arrivati in fretta al fiume, Ezio sgattaiolò dietro le guardie e trasportò i corpi su una barca, che incendiò, lasciandola alla deriva. La mattina dopo, Ezio incontrò Annetta, che gli spiegò dove incontrarsi: a casa della sorella Paola.

Vendetta

Uccisione di Uberto

Paola, che all'insaputa di Ezio era un'Assassina, accettò all'assistere Ezio nella sua ricerca di vendetta, insegnandogli come mescolarsi tra la folla per non essere notato e a rubare. Terminato quindi l'addestramento, indirizzò Ezio alla bottega dell'amico Leonardo da Vinci per riparare la Lama Celata del padre Giovanni. Quindi, arrivato da Leonardo, quest'ultimo grazie a una pagina del Codice riuscì a ripararla. Dopo averla restituita ad Ezio, una guardia, dopo essersi fatta aprire la porta, ordinò a Leonardo di seguirlo per fargli delle domande. Mentre la guardia picchiava Leonardo per avere delle informazioni su Ezio, quest'ultimo ne approfittò per ucciderla alle spalle.
Tornato da Paola, quest'ultima dice ad Ezio che Uberto sarà presente alla mostra del Verrocchio, nel chiostro di Santa Croce. Arrivato nel chiostro, Ezio attaccò in un impeto di rabbia Uberto, pugnalandolo al pettò più volte, prima di proclamare a tutti che gli Auditore non erano morti. Una volta ucciso Uberto, Ezio riprese i documenti che gli aveva consegnato prima della morte dei familiari. Inoltre, Ezio prese anche una lettera in cui Uberto, riferendosi alla sua famiglia, ammette di aver giustiziato gli Auditore dopo l'offerta di soldi e terreni. Ezio fece anche in modo che la moglie ricevesse la lettera, per non abbassarsi al livello di Uberto.

Addestramento a Monteriggioni

Ezio, diventato quindi l'uomo più ricercato di Firenze, lasciò la città con la madre e la sorella nella speranza di poter partire per la Spagna, dopo essersi fermati per pochi giorni alla villa di famiglia nel borgo di Monteriggioni. Durante il viaggio, poco prima di raggiungere il borgo, i tre vennero bloccati da Vieri de' Pazzi e dai suoi uomini, che vennero però fermati dal tempestivo intervento dello zio di Ezio, Mario Auditore, e dai suoi mercenari. Mario informò Ezio dell'esistenza degli Assassini, tentando di coinvolgere anche il nipote nell'Ordine, rivelandogli anche che i suoi antenati, incluso Giovanni, facevano parte di esso. Tuttavia, Ezio rifiutò, pensando solamente a portare la sua famiglia al sicuro in Spagna, proteggendosi in caso di attacco con le abilità ottenute nell'addestramento impartitogli. Arrabbiato, Mario lasciò Monteriggioni verso San Gimignano, dove Vieri de' Pazzi si era stabilito, nella speranza di diminuire i continui attacchi dell'esercito di Monteriggioni. Preso dai sensi di colpa e riconoscendo che la sua presenza era una delle ragioni dei continui scontri contro Vieri, Ezio raggiunse a San Gimignano lo zio Mario.
Riunitisi fuori dalla città, Ezio si unì a Mario e ai suoi mercenari nell'assalto, aspettando la notte per attaccare Vieri de' Pazzi. Riusciti ad inoltrarsi nella città, Ezio osservò un incontro tra Rodrigo Borgia, Jacopo de' Pazzi, Francesco de' Pazzi e Vieri. Quando Mario attaccò gli uomini di Vieri, Ezio ne approfittò per scontrarsi direttamente con lui sulle mura di San Gimignano, riuscendo ad ucciderlo dopo un duello tra i due. Ezio, poco prima che Vieri morisse, gli chiese delle spiegazioni, ma Vieri scelse di rifiutarsi di dargliele. Infuriato per questo, Ezio si sfogò sul corpo di Vieri, insultandolo fino a quando lo zio lo calmò, ricordandogli di avere rispetto per la morte.

Congiura dei Pazzi


Dopo la morte di Vieri, Ezio ritornò a Firenze nel 1478 per raccogliere informazione da La Volpe e prevenire la presa di potere dei Pazzi, la cui congiura prevedeva la morte di Lorenzo e suo fratello Giuliano de' Medici. Anche se non riuscì a salvare Giuliano, Ezio riuscì ad impedire l'uccisione di Lorenzo, salvandolo da Francesco de' Pazzi e i soldati dei Templari. Tuttavia, i Pazzi riuscirono nel loro piano, portando Firenze in un clima di guerra civile. Dopo aver scortato Lorenzo al sicuro, nel suo palazzo, Ezio apprese da Poliziano la posizione di Francesco de' Pazzi, che aveva attaccato Palazzo della Signoria. Mentre le trup
pe dei Pazzi e quelle dei Medici combatterono per le strade, Ezio inseguì e uccise Francesco, anche se Jacopo de' Pazzi e la maggior parte degli altri cospiratori riuscirono a salvarsi.
Scoperto che i congiurati dei Pazzi si erano rifugiati nelle campagne toscane nella zona di San Gimignano, Ezio riuscì con l'aiuto dei mercenari dello zio ad uccidere Antonio Maffei, Stefano da Bagnone, Bernardo Baroncelli e Francesco Salviati, ricevendo da loro informazioni sul nascondiglio di Jacopo de' Pazzi. Grazie a queste informazioni, Ezio riuscì a pedinare Jacopo fino ad un antico teatro. Una volta arrivati, Ezio spiò l'incontro tra Jacopo, Rodrigo Borgia e un mercante veneziano, Emilio Barbarigo. Dopo aver pugnalato Jacopo per il suo fallimento a Firenze, il Borgia fece catturare Ezio, di cui sapeva che sarebbe stato presente. Tuttavia, dopo che il Borgia ed Emilio abbandonarono il teatro, Ezio riuscì a liberarsi ed uccidere tutti i soldati, prima di dare il colpo di grazia a Jacopo.

Venezia

Con la fine della congiura dei Pazzi, Ezio tornò da Lorenzo nel 1480, annunciandogli il suo successo. Prima di partire da Firenze per andare a Venezia, Lorenzo gli diede un regalo: la Cappa medicea, che gli garantiva l'indulgenza delle guardie fiorentine. Ezio si recò quindi alla bottega di Leonardo, scoprendo che anche lui era partito per Venezia. Dopo aver incontrato Leonardo sugli Appennini, Ezio lo accompagnò lu ngo la strada, dove si dovettero però separare per sfuggire ad un attacco da parte dei soldati di Rodrigo Borgia.
Reincontratisi in un porto in Romagna, i due stavano partendo per Venezia, ma Ezio non poté salire perché sprovvisto di lasciapassare. Nello stesso momento, i due sentirono gli urli di una donna, rimasta intrappolata su uno scoglio. Ezio si affrettò a salvarla, e la donna, la contessa Caterina Sforza, convinse il capitano della nave a far imbarcare Ezio. Una volta arrivati a Venezia, Ezio e Leonardo vennero accolti da un uomo chiamato Alvise, che li accompagnò a fare un giro della città.
Arrivati alla nuova bottega di Leonardo, Ezio si recò a Palazzo della Seta per trovare un modo per uccidere Emilio Barbarigo. Nello stesso momento, un gruppo di ladri arrivò, distraendo le guardie, mentre una ragazza scalava il palazzo. La ragazza, di nome Rosa, venne però colpita da un arciere, ed Ezio la portò quindi in salvo dalle guardie, aiutato dal ladro Ugo. Arrivati alla Gilda dei Ladri di Venezia, Ezio conobbe Antonio, il loro capo, con cui pianificò come uccidere Emilio.
Il piano, durato quattro anni, terminò con l'infiltrazione di Ezio a Palazzo della Seta e con l'uccisione di Emilio Barbarigo. Durante l'infiltrazione, Ezio origliò un discorso tra Emilio e un funzionario del governo, Carlo Grimaldi, membro del Consiglio dei X, che discutevano su un incontro. Quindi, pedinato Carlo all'incontro dei Templari del giorno dopo, Ezio scoprì che i Templari avevano intenzione di avvelenare con della cantarella il doge Giovanni Mocenigo. Avvertito Antonio, i due cercarono un modo per entrare nel Palazzo Ducale, senza avere successo. Scoraggiato, Antonio affermò che solo un uccello poteva entrare, ricordando ad Ezio un'invenzione di Leonardo, la Macchina volante, che aveva visto nel viaggio degli Appennini, che era in grado di far volare un uomo. Dopo una prova di volo fallita, Leonardo tentò di rivedere i progetti, e, dopo aver lanciato un foglio nel camino, osservando il foglio sospeso in aria dal calore, Leonardo intuì che per far volare a lungo Ezio, ci volevano dei falò accesi lungo la città.
Una volta uccise le guardie, i ladri di Antonio procederono ad appiccare i falò in tutta la città, dando quindi ad Ezio la spinta necessaria per volare fino a Palazzo Ducale. Il piano funzionò, ed Ezio riuscì a raggiungere il Palazzo Ducale. Tuttavia, Ezio arrivò troppo tardi per salvare il doge, che era già stato avvelenato. A quel punto, Carlo fuggì, urlando che Ezio aveva ucciso il doge. Ezio riuscì a raggiungere Carlo e ucciderlo, ma, nonostante gli eventi, Ezio divenne l'uomo più ricercato di Venezia.
Un anno dopo, Ezio torna alla bottega di Leonardo per chiedergli una maschera carnevalesca e dandogli la pagina del Codice di Carlo, che conteneva i progetti di una pistola. Leonardo disse ad Ezio che poteva incontrare Antonio per discutere sul nuovo doge Templare dal bordello di Sorella Teodora. Arrivato a La Rosa della Virtù, i tre discutono sulla morte del nuovo doge Marco Barbarigo, capendo quindi che l'unico modo di ucciderlo era vincere una maschera d'oro nei giochi di Carnevale per entrare al ballo privato del doge. Ezio riuscì nel suo intento, ma i giudici, corrotti, assegnarono il premio a Dante Moro, guardia del corpo di Marco e di Silvio Barbarigo. Tuttavia, Ezio riuscì a rubare la maschera da Dante, e, una volta entrato al ballo, riuscì ad uccidere Marco con la nuova arma.
Dopo la morte di Marco, Ezio rintracciò Silvio Barbarigo e Dante Moro, che avevano occupato l'Arsenale con un esercito di mercenari. Avendo bisogno anche lui di un suo esercito, Ezio cercò l'aiuto del generale Bartolomeo d'Alviano. Tuttavia, Bartolomeo, assieme ai suoi uomini, era stato catturato da Silvio in seguito a un attacco al suo quartier generale. Ezio localizzò e liberò Bartolomeo e i suoi soldati; quindi, Bartolomeo aiutò Ezio nell'uccisione di Silvio. Avendo bisogno di far uscire i mercenari di Silvio dall'Arsenale, Ezio sparse i mercenari attorno all'Arsenale, inducendo quindi i mercenari ad uscire. A quel punto, dopo aver lanciato un segnale, i mercenari crearono scompiglio nell'Arsenale, ed Ezio poté quindi uccidere Dante Moro e Silvio. Tuttavia, prima di morire, i due rivelarono che l'obiettivo dei Templari non era la posizione di doge, che era un diversivo, ma di imbarcarsi per Cipro, per motivi che rimasero sconosciuti a Ezio.

 

 Introduzione nell'Ordine

Battaglia contro Rodrigo

Due anni dopo aver ucciso Silvio e Dante, il giorno del ventottesimo compleanno di Ezio, Rosa gli porta il registro di navigazione dell'Arsenale, in cui è scritto che la nave dei Templari farà ritorno il giorno seguente. Arrivata la nave, Ezio pedinò un corriere dei Templari sceso dalla nave, che aveva con sé un Frutto dell'Eden. Pedinando la guardia, Ezio poté ucciderla e prendere il suo posto, portando il Frutto dell'Eden a un incontro con Rodrigo Borgia. Finalmente in grado di scontrarsi con il responsabile della morte del suo padre e dei fratelli, Ezio criticò il Gran Maestro dei Templari per la mancata apparizione del presunto "profeta" descritto nel Codice. Rodrigo gli rispose, indicando che lui stesso era il profeta, prima di impegnarsi in battaglia. Durante la battaglia, Rodrigo, in difficoltà, chiamò in suo aiuto le guardie.
Quando Ezio si trovò in difficoltà, intervennero tempestivamente Mario Auditore, Antonio, Paola, Teodora, La Volpe e Bartolomeo, riuscendo a far fuggire Rodrigo, e rivelando ad Ezio che tutti loro erano degli Assassini. Con l'arrivo di Niccolò Machiavelli, quest'ultimo disse a Ezio che era lui il "profeta", e che nel corso degli anni avevano tutti aiutato Ezio per introdurlo nell'Ordine degli Assassini. Quella notte, si incontrarono di nuovo, ed Ezio venne formalmente introdotto nell'Ordine. Ad Ezio venne inoltre marchiato l'anulare sinistro.

Battaglia di Forlì

Dopo la battaglia a Venezia, gli Assassini esaminano la Mela al laboratorio di Leonardo. Dopo essersi attivata con il tocco della mano di Ezio, gli Assassini comprendono la sua potenza e pericolosità, e decidono di custodirla a Forlì, che era governata dall'alleata Caterina Sforza. Quindi, Ezio e Machiavelli si recano a Forlì, dove vengono accolti fuori città da Caterina. Mentre si recano alla città, tuttavia, la trovano sotto attacco dai fratelli Ludovico e Checco Orsi.
Trovate le porte della città chiuse, Ezio cerca un'altra strada, mentre Caterina distrae le guardie.
Riuscito ad entrare nella città, Ezio riesce ad aprire le porte, facendo entrare Caterina e Niccolò. I tre arrivano quindi alla Rocca di Ravaldino, dove scoprono che i figli di Caterina, Ottaviano e Bianca sono stati presi in ostaggio. salvata Bianca Riario da alcune guardie ed il fratello Ottaviano da Ludovico Orsi, Ezio ritorna vittorioso a Forlì. Tornato, Ezio scopre che Checco Orsi si è impadronito della Mela dell'Eden. Ezio riesce a raggiungerlo fuori delle porte della città, dove lo uccide. Tuttavia, Checco riesce a pugnalare Ezio prima di morire. Prima di svenire per la ferita, Ezio riesce a vedere un monaco raccoglere la Mela.
Le guardie cittadine trovarono poi Ezio accanto al cadavere di Checco, e lo riportarono a Forlì, dove Caterina si prese cura di lui. Ripresi i sensi, Ezio spiegò rapidamente a Caterina che aveva visto la Mela essere presa da un uomo dagli abiti scuri con un dito mancante. Lei lo riconobbe come un monaco, e indirizzò Ezio a cercare in un convento fuori città. Arrivato, Ezio non vi trovò il monaco, ma incontrò fratello O'Callahan, che gli consigliò a cercare a San Vincenzo, al centro di Forlì. Una volta arrivato, un monaco lo riconobbe come l'uccisore di Stefano da Bagnone, e fuggì, ma fu bloccato, e, una volta convinto che Ezio non gli farà del male, disse a Ezio il nome del monaco: Girolamo Savonarola.

Viaggio in Spagna

Nel 1491 Ezio è richiesto in un incontro con Antonio. Raggiunto Antonio, scopre che lui e Luis Santangel hanno bisogno di aiuto. Cristoforo Colombo, amico di Luis, deve incontrarsi con Rodrigo Borgia, interessato ai suoi piani di navigare verso Ovest. Luis crede che ci sia una trappola e chiede a Ezio di aiutare Cristoforo. Quando Ezio raggiunge il luogo scopre che effettivamente era un trappola. Comunque Cristoforo viene salvato con successo. Sulla sua strada Ezio incontra una donna di nome Helene Dufranc, anch'ella di origini Assassine, ma che non conosce bene. A differenza di Ezio, Helene odia far parte della setta degli Assassini . Quindi Ezio va in Spagna per salvare alcuni alleati dall'Inquisizione spagnola, comandata da Tomas Torquemada, e qui tra le città di Barcellona, Granada e Saragozza scopre un complotto dei Templari per navigare verso il nuovo mondo.

Il Falò delle Vanità

Dopo la morte di Lorenzo de' Medici, Savonarola prese facilmente il controllo di Firenze con la Mela dell'Eden. Privò quindi il popolo fiorentino delle loro proprietà personali e delle opere d'arte, obbligandoli a vivere in povertà. Per fare ciò, bruciò tutto ciò che era correlato al Rinascimento nei Falò delle Vanità.
Ezio e Niccolò Machiavelli cercarono quindi di fermare il governo di Savonarola con l'aiuto dei loro alleati in città: Paola e La Volpe. Ezio iniziò ad eliminare i luogotenenti e seguaci di Savonarola, mentre Niccolò, Paola e La Volpe organizzarono una rivolta popolare. Dopo aver ucciso i seguaci di Savonarola, il popolo, arrabbiato col monaco, si recò nel 1498 a Palazzo Pitti, dove risiedeva Savonarola, reclamando la fine dei falò. Savonarola tentò allora di bloccare la folla con la Mela, ma, prima di farlo, Ezio lanciò un pugnale contro la sua mano, riuscendo a fargli cadere di mano la Mela. Tuttavia, la Mela venne presa da un soldato dei Borgia, che tentavano da tempo di privare Savonarola della Mela. Ezio lo inseguì e lo uccise, riprendendosi il Frutto dell'Eden. Savonarola fu intanto catturato e condannato ad essere bruciato vivo in Piazza della Signoria. Tuttavia, Ezio decise che nessuno doveva morire soffrendo così tanto.
L'Assassino salì quindi sul palco, e pugnalò Savonarola alla gola. Poi, guardò la folla sbalordita, e tenne un discorso rivolto a loro, invitandoli a seguire la propria strada, e a scegliere ciò che è giusto o sbagliato con la propria testa, invitandoli a non perdere la propria libertà. Lasciò poi il palco assieme a Mario, Niccolò, Paola e La Volpe.


Guerra contro i Borgia

Viaggio a Roma

Nel dicembre 1499, gli Assassini si reincontrarono a Villa Auditore, con la Mela dell'Eden e con il Codice finalmente completato. Combinando i due oggetti, scoprirono che la posizione della Cripta era Roma, sotto al Vaticano. Sfortunatamente, Rodrigo Borgia divenne papa nel 1492, ottenendo quindi l'accesso ad un altro Frutto dell'Eden, il Bastone. Per nulla scoraggiato, Ezio partì per Roma con l'obiettivo di uccidere Rodrigo Borgia.
Combattendo contro le guardie per tutto il Passetto di Borgo, Ezio riuscì a infiltrarsi all'interno della Cappella Sistina, dove Rodrigo stava celebrando la Messa. Prima di essere ucciso, Rodrigo riuscì ad utilizzare il Bastone per spingere via Ezio, sprigionando la sua energia nella stanza. Tuttavia, Ezio ne rimase immune, poiché aveva con sé la Mela. Ezio la prese quindi in mano, e, come fece Al Mualim nella battaglia contro Altaïr, creò delle sue copie illusorie grazie al potere della Mela, e si fronteggiarono. Durante il combattimento, però, Rodrigo riuscì a lanciare di nuovo Ezio per terra, riuscendo ad ottenere la Mela. Rodrigo sollevò poi, grazie al Bastone, Ezio, e lo pugnalò all'addome, per poi lasciarlo svenuto mentre si recava alla Cripta. Tuttavia, Ezio riprese conoscenza, e, una volta entrato nella Cripta, Ezio vide Rodrigo tentare invano di aprire la porta. Lanciando le sue armi a terra, in modo di essere alla pari con Rodrigo, Ezio lo fronteggiò in uno scontro finale, ma alla fine lo risparmiò, poiché ucciderlo non gli avrebbe ridato la sua famiglia.
Entrato nella Cripta, Ezio si stupì quando si confrontò con un ologramma di una donna che si identificava come "Minerva", un membro di Coloro che vennero prima. Ezio venne ulteriormente confuso quando l'ologramma si rivolse ad un uomo invisibile, chiamato Desmond, prima di sparire improvvisamente, lasciando Ezio con molte domande senza risposta.

Assedio di Monteriggioni

Dopo essere uscito dalla Cripta, Ezio fece ritorno a Monteriggioni con suo zio Mario Auditore, che aiutò il nipote a fuggire da Roma. Durante il loro viaggio, Ezio parlò a suo zio del suo incontro con Minerva, e delle cose che aveva detto, per poi tranquillizzarsi al pensiero che le sue battaglie erano giunte alla fine. Quella sera, Ezio parlò di nuovo dei fatti della Cripta, questa volta a Machiavelli, alla sorella, alla madre, e a Caterina Sforza, che era venuta a Monteriggioni per cercare sostegno contro l'esercito pontificio, che marciava su Forlì. Machiavelli si arrabbiò con Ezio per aver risparmiato Rodrigo, e partì velocemente per Roma. Quella notte, Ezio tornò nella sua stanze, dove trascorse la notte in compagnia di Caterina.
La mattina seguente, Cesare Borgia, figlio di Rodrigo e capitano generale delle forze papali, oltre a essere un Templare di alto rango, assediò Monteriggioni. Prendendo di sorpresa gli Assassini, le forze di Cesare distrussero gran parte del borgo, prima che Ezio poté raggiungere i cannoni e rispondere al fuoco, distruggendo gran parte dell'equipaggiamento dell'esercito. Tuttavia, gli sforzi di Ezio servirono solamente a far salvare alcuni cittadini, e Cesare riuscì ad entrare comunque nel borgo, portando con sé anche Mario e Caterina, che erano stati fatti prigionieri. Vedendo suo zio in difficoltà, Ezio corse sui tetti nel vano tentativo di salvarli, ma venne colpito da degli archibugieri, facendolo cadere a terra. Allo stesso tempo, Cesare "invitò" Ezio a venire a Roma, sparando con la sua pistola a Mario, uccidendolo.
Ezio, che era sopravvissuto e aveva ripreso conoscenza, continuò a combattere tra le strade, aiutato dai mercenari dello zio. Raggiunta Villa Auditore e riuscito a entrare nel Santuario, Ezio e i cittadini sopravvissuti riuscirono a fuggire da Monteriggioni grazie a un passaggio segreto, celato dietro la statua di Altaïr. Dopo essere usciti dal passaggio, Ezio, nonostante le ferite, prese un cavallo e partì per Roma. Tuttavia, durante il viaggio, Ezio si addormentò, cadendo dal cavallo.

Battaglia a Roma

Ezio riprese conoscenza a Roma, mentre veniva curata da una donna, Margherita dei Campi, che gli disse che un uomo lo aveva portato da lei, e che gli aveva dato dei nuovi abiti. Dopo aver lasciato la casa della donna, Ezio cercò un dottore per alleviare il dolore delle ferite, prima di cercare di contattare Machiavelli nel centro della città. Tuttavia, incontrò prima delle guardie, che volevano "far vedere come funzionano le cose sotto i Borgia" a un cittadino. Ezio le seguì, riuscendo a salvare l'uomo, la cui moglie era stata impiccata da un alleato dei Borgia conosciuto come Il Carnefice. Dopo averlo raggiunto e ucciso, Ezio incontrò Machiavelli. Da lui, Ezio scoprì che sotto i Borgia, Roma era caduta in rovina, e che i suoi cittadini erano oppressi da loro. Machiavelli gli parlò anche di Cesare Borgia, il figlio di Rodrigo, e responsabile della morte di Mario Auditore.
Assieme, Ezio e Machiavelli incontrarono Fabio Orsini, cugino di Bartolomeo d'Alviano, costretto a servire Cesare Borgia. Fabio diede agli Assassini un magazzino sull'Isola Tiberina, nella speranza che ne facciano buon uso. Da qui, Ezio viaggiò alla Rosa in Fiore, nel tentativo di ottenere sostegno e supporto dalle cortigiane. Tuttavia, quando arrivò, apprese che Madonna Solari, la madama del bordello, era stata rapita dai Cento Occhi, dei ladri al servizio di Cesare, e che volevano un riscatto. Ottenuti i soldi, Ezio si recò dai rapitori, ma venne ingannato. Madonna Solari venne uccisa, ed Ezio attaccò i rapitori. Sopravvissuto alla battaglia, Ezio fece ritorno alla Rosa in Fiore, dove incontrò la madre e la sorella. Senza nessuno al loro comando, le cortigiane si rivolsero a Claudia per fungere da loro Madonna. Ezio accettò questo, anche se con grande riluttanza. Ezio si occupò poi di ottenere il sostegno dei ladri di La Volpe, che erano in guerra con i Cento Occhi, dei mercenari di Bartolomeo, che erano in guerra con i francesi e i Borgia.
Dopo aver ricevuto le informazioni da Claudia, La Volpe e Bartolomeo, che indicavano che Caterina era stata imprigionata a Castel Sant'Angelo, Ezio andò a salvarla, dopo che Machiavelli gli chiese, in caso ne avesse l'opportunità, di uccidere Cesare e Rodrigo.
Infiltratosi nel castello, Ezio scalò le mura della fortezza, e apprese che Lucrezia Borgia, sorella di Cesare, aveva la chiave della prigione di Caterina. Recuperata la chiave e liberata Caterina, i due fuggirono. Mentre attraversavano Ponte Sant'Angelo, Ezio ordinò a Caterina di cavalcare fino all'Isola Tiberina, mentre lui distraeva le guardie. Solo una tempestiva esplosione da Castel Sant'Angelo gli permise di non essere sopraffatto. Fatto ritorno alla loro base, Ezio decise di approfittare dell'assenza di Cesare, partito per Urbino, per liberare Roma dall'oppressione dei Borgia. Nonostante i dubbi di Machiavelli, i due decisero di iniziare a reclutare i cittadini ribelli di Roma nella Confraternita, dando quindi inizio alla liberazione di Roma.
Nel corso di un anno, Ezio reclutò molti cittadini di Roma, aggiungendoli ad altri membri dell'Ordine all'interno della sua gilda; membri come Francesco Vecellio, il cui mentore aveva tradito l'Ordine per Lucrezia Borgia e suo figlio. Gli adepti combattevano e venivano addestrati con Ezio, per venire poi assegnati a delle missioni in tutta Europa e a Calicut, in India. Si fece inoltre aiutare da loro per uccidere degli agenti Templari, come Malfatto e Silvestro Sabbatini.
Ezio incontrò anche il suo vecchio amico Leonardo da Vinci, che lo informò che era stato obbligato a fabbricare ai Borgia un gran numero di macchine da guerra. Leonardo, avendo memorizzato tutte le invenzioni del Codice, riuscì anche a ricostruire molti delle armi di Ezio perse a Monteriggioni. Dopo l'incontro, Ezio, durante la sua guerra contro i Borgia, si impegnò anche a distruggere tutte le macchine di Leonardo.
Scoperto che Juan Borgia il Maggiore, un cardinale corrotto e cugino di Cesare Borgia, provvedeva al finanziamento delle campagne militari di Cesare, Ezio decise di tagliargli questa risorsa. Dalle cortigiane di Claudia, Ezio scoprì che un senatore, Egidio Troche, era in debito con Juan, e decise di contattarlo. Ezio riuscì a salvare Egidio dalle guardie dei Borgia, e, dopo averlo portato al sicuro, provvedé a procurarsi il denaro necessario. Tornato, Egidio portò l'Assassino dal suo bersaglio. Ezio seguì Egidio da un capitano dei Borgia, che prese in consegna i suoi soldi per contarli. Ezio ne approfittò per ucciderlo, e, una volta preso il suo posto, arrivò a una festa lussuriosa organizzata da Juan. Ezio consegnò il denaro e procedette ad infiltrarsi nella festa. Ezio riuscì ad uccidere Juan da una panchina, per poi fuggire.

Guerra contro i francesi

Dopo la morte del banchiere, Ezio si recò alla caserma di Bartolomeo d'Alviano, dove scoprì che la moglie di Bartolomeo, Pantasilea Baglioni, era stata rapita dal Barone di Valois, comandante degli alleati francesi di Cesare a Roma. Bartolomeo non trovò nessun metodo che potesse garantire la sicurezza di sua moglie, e decise di arrendersi per salvarla. Tuttavia, Ezio ebbe un'altra idea. Uccisi molti soldati francesi, i mercenari di Bartolomeo indossarono le loro armature, facendo si passare per una pattuglia francese che scortava Bartolomeo d'Alviano al Castro Pretorio, base delle operazioni dei francesi.
Una volta entrati nella fortezza, Bartolomeo ed Ezio si trovarono faccia a faccia con il barone, che stava per uccidere Bartolomeo, se non fosse stato per l'intervento tempestivo di Ezio. Scoppiata la battaglia, mentre Bartolomeo e i suoi mercenari combattevano le forze francesi, Ezio seguì Octavian e Pantasilea, riuscendo ad ucciderlo e salvare Pantasilea.

Ottenimento delle chiavi del Castello

Non molto tempo dopo la vittoria contro il Barone di Valois, Ezio viaggiò a La Volpe Addormentata, dove lui e La Volpe discuterono sul sospetto che Machiavelli avesse tradito gli Assassini, guidando le armate papali a Monteriggioni e informando Rodrigo e Cesare di stare lontani da Castel Sant'Angelo durante l'infiltrazione di Ezio. Ezio non era d'accordo, ma promise di tenerlo d'occhio. La Volpe venne poi informata che Pietro Rossi, un attore e amante di Lucrezia, possedeva una chiave per entrare a Castel Sant'Angelo, e che Cesare intendeva ucciderlo per il suo rapporto con Lucrezia. Localizzato Cesare alle porte della città, Ezio assistì all'omicidio di Francesco Troche, il fratello di Egidio, dal sicario personale di Cesare, Micheletto Corella. Ezio seguì poi Micheletto, con l'intento di infiltrarsi nella recita in cui Pietro doveva apparire ed essere ucciso. Mentre lo seguiva, Ezio fece rimpiazzare le guardie che dovevano partecipare all'uccisione dai suoi adepti, per potersi infiltrare.
Infine, Micheletto arrivò al Colosseo, il luogo della recita. Scalato l'esterno dell'edificio, Ezio riscese fino al retroscena, dove poté indossare il costume, mentre uccideva gli archibugieri di Micheletto. Ezio entrò nella scena, e colpì Micheletto, ma gli risparmiò la vita dopo aver appreso che Pietro era stato avvelenato come misura di precauzione. Quindi, Ezio corré via dal Colosseo con Pietro tra le braccia, mentre gli altri Assassini gli coprivano la ritirata. Dopo aver portato Pietro da un dottore e ricevendo da lui le chiavi del Castello, Ezio vide e riconobbe un ladro di Monteriggioni, che era presente all'assedio. Quando il ladro fuggì, Ezio lo inseguì. Dopo averlo catturato, scoprì che il traditore era lui, e non Machiavelli. Ezio corse quindi all'Isola Tiberina, riuscendo a fermare il tentativo della Volpe di uccidere Machiavelli.
Scoperto che le guardie di Cesare erano arrivati a La Rosa in Fiore, Ezio corse a proteggere la sua famiglia, arrivando tardi per salvarli; Claudia aveva già ucciso tutte le guardie. Impressionato dalle sue abilità, Ezio introdusse Claudia nell'Ordine, e venne a sua volta promosso alla posizione di Mentore da Machiavelli, che abdicò, riconoscendo le abilità di Ezio.

Sede vacante

Con i sostenitori di Cesare morti, la Confraternita e i suoi alleati avevano distrutto il potere dei Borgia. Ezio venne informato che Cesare era tornato a Roma, e che voleva incontrare sua padre a Castel Sant'Angelo. Dopo essersi nuovamente infiltrato nel Castello, Ezio vide il tentativo di Rodrigo di avvelenare il figlio, solo per essere, però, ucciso da Cesare per questo. Dopodiché, Cesare corré via per ottenere la Mela dell'Eden che il padre aveva nascosto, ed Ezio entrò nel Castello, dando a Rodrigo l'ultima benedizione. Apprese poi da Lucrezia dove Rodrigo aveva nascosto la Mela, ed uscì dalla fortezza.
Ezio arrivò alla Basilica di San Pietro, riuscendo a ottenera la Mela, ma venne presto raggiunto da Cesare, assieme a delle guardie papali. Utilizzando la Mela, Ezio fece morire le due guardie, per poi fuggire. In seguito, assieme ai suoi compagni, si impegnò a uccidere i sostenitori che Cesare aveva ancora a Roma. Infine, gli Assassini raggiunsero Cesare in persona con alcuni dei suoi uomini, in attesa dei rinforzi delle truppe di Micheletto. Le forze di Cesare vennero sconfitte, anche se il loro comandante si era messo al sicuro dietro la porta della città. Tuttavia, venne arrestato da Fabio Orsini su ordine di papa Giulio II. Mentre veniva trascinato via, Cesare urlò che le catene non lo tratterranno, e che non morirà per mano d'uomo.
Nonostante la sua vittoria, Ezio venne turbato dal commento di Cesare, e, mentre parlava con Leonardo da Vinci, gli confessò la sua preoccupazione. Su suggerimento di Leonardo, Ezio decise di esaminare la Mela per capire se le minacce di Cesare erano vere. Dopo aver consultato la Mela, partì immediatamente. Prima di andarsene, Ezio lasciò a Leonardo un regalo d'addio: uno scrigno pieno di denaro, in compenso della morte del suo mecenate.

Ricerca di Cesare Borgia

Correndo dal covo sull'Isola Tiberina, Ezio corse verso Castel Sant'Angelo, dove si trovò in mezzo a una scena di confusione di massa. Interrogando una guardia, Ezio apprese che Cesare era fuggito, probabilmente con l'aiuto di un infiltrato. Deducendo che il miglior modo per lasciare Roma era fuggire navigando il Tevere, Ezio corse al porto vicino a Castel Sant'Angelo.
Il porto era pieno di persone quando arrivò, quindi Ezio decise di utilizzare la Mela dell'Eden per scoprire dove era Cesare. La Mela indicò una caravella con le vele rosse al molo sei, ma, quando Ezio arrivò, vide che la nave era già partita. Andando a un'alta nave, Ezio pagò il capitano della nave per persuaderlo a partire con lui. Ezio venne sorpreso di vedere che il capitano della nave era Claudio, l'ex ladro della Volpe.
Le navi navigarono verso Ostia, dove la nave di Claudio riuscì a raggiungerli. Ammainate le vele, Ezio Claudio salirono a bordo dell'altra nave, e i due sopraffecero l'equipaggio della nave, mentre Cesare guardava impotente dalla cassa in legno dove si era nascosto. Una volta catturato, Cesare venne rispedito a Roma.

Consigliere del papa

Nel 1504 Ezio divenne il consigliere di papa Giulio II, e, durante un incontro, Giulio II ricevette una lettera che indicava che Cesare Borgia era stato consegnato a Re Ferdinando II di Aragona e alla moglie Isabella I di Castiglia. Quando Ezio gli chiese dove si trovava, Giulio si rifiutò di rispondergli, per prevenire un possibile attentato di Ezio alla vita del capo dei Templari. Durante la conversazione, Ezio suggerì con noncuranza il nome di "Guardie Svizzere" al contingente di mercenari svizzeri che Giulio II stava pensando di assumere come guardie del corpo personali.
Il giorno seguente, Ezio organizzò una riunione con La Volpe, Bartolomeo, Machiavelli e Claudia per discutere su come trovare i sostenitori dei Borgia rimasti nascosti in Italia. Insieme formularono un piano per controllare gli irriducibili sostenitori fino al momento di colpire.
Dopo l'incontro, Ezio e Machiavelli incontrarono le due principali amanti di Rodrigo: Vannozza dei Cattenei e Giulia Farnese, e anche la moglie di Cesare: Carlotta d'Albret. Mentre andavano a trovare Giulia, Ezio e Machiavelli notarono che erano inseguiti da una donna, da quando avevano lasciato il palazzo di Vannozza. Dopo essere passati per i tetti, gli Assassini riuscirono a seminare la loro inseguitrice.
Durante questa missione, Machiavelli chiese ripetutamente a Ezio di utilizzare la Mela per localizzare Cesare, ma Ezio rifiutò sempre, non volendo diventare dipendente dal suo potere, perdendo le sue capacità.

Salvataggio di Claudia e cattura di Micheletto

Dopo aver lasciato il palazzo di Carlotta, Ezio e Machiavelli incontrarono Bruno, una delle spie di Machiavelli, che informò i due che i Borgia li avevano pedinati, per essere sicuri della loro assenza mentre rapivano Claudia Auditore. Dopo aver saputo il loro nascondiglio, i due si recarono velocemente a liberarla dai suoi rapitori, solo per scoprire di essersi trovati in trappola; Bruno lavorava per i Borgia da molto tempo.
Arrivati al nascondiglio degli irriducibili dei Borgia, Ezio vide Claudia seduta su una sedia, mezza svestita e ferita. Il capo degli irriducibili puntò un pugnale alla gola di Claudia e minacciò di ucciderla se Ezio non avesse lasciato Roma una volta per tutte. Ezio si rifiutò, e insieme a Machiavelli, riuscì a uccidere gli irriducibili.
Dopo aver salvato Claudia, Ezio scoprì che Micheletto si era rifugiato nella Ludus Magnus di Zagarolo, a est di Roma. Mettendo insieme un esercito di un centinaio di adepti e ladri, le forze di Ezio circondarono e sopraffecero rapidamente i duecentocinquanta uomini comandati da Micheletto. Portando Micheletto a Firenze, lo imprigionarono nella cella in cima a Palazzo della Signoria, la stessa che aveva ospitato Giovanni Auditore 28 anni prima. Lì, Machiavelli, Amerigo Vespucci e Piero Soderini, torturarono Micheletto, senza però venire a sapere qualcosa da lui. Machiavelli promise di continuare nei suoi tentativi di ottenere qualsiasi informazione da lui, e si separò da Ezio, costretto a tornare a Roma.

Caccia all'uomo

Giorni dopo, Ezio venne svegliato nelle prime ore della mattina da Machiavelli, che lo informò che Micheletto era fuggito da Palazzo della Signoria con l'aiuto di un prete alleato dei Borgia e degli irriducibili. Ezio si rese rapidamente conto che la fuga avrebbe potuto dare loro un vantaggio, se avessero potuto seguire Micheletto fin dal suo padrone Cesare. Convocata una riunione di emergenza, Ezio organizzò una caccia all'uomo per Micheletto, concentrandosi sulle zone vicino a Roma e a Ostia. Più tardi, Ezio decise di utilizzare la Mela per individuare Micheletto, ma la Mela gli mostrò ancora una volta con la stessa immagine vaga di un castello spagnolo, senza aggiungere altro.
Ezio venne confuso dal rifiuto della Mela, e, su consiglio di Machiavelli, Ezio chiese alla Mela perché non gli stava mostrando ciò che voleva. Il Frutto dell'Eden disse a Ezio che per lui era giunto il momento di rinunciare ad essa, in modo che le generazioni future possano farne uso, ma indicò anche dove era nascosto Micheletto. Come regalo di addio, la Mela informò gli Assassini che Micheletto Corella stava per viaggiare verso la Spagna partendo dal porto di Napoli.
Prima di andare a Napoli, Ezio e Machiavelli decisero di nascondere la Mela. Entrati nel Colosseo, i due Assassini si fecero strada attraverso la vecchia Tana di Romolo, grazie alla quale raggiunsero l'ingresso del Tempio di Giunone. Entrati nel Tempio, Ezio pose la Mela sul piedistallo centrale, per poi uscire. Quando la porta si chiuse dietro di lui, sia Ezio che Niccolò notarono che la porta sembrava svanire, prendendo l'aspetto delle mura.

Ricerca in Spagna

Arrivati a Napoli il 24 giugno 1505, Ezio, Leonardo e Machiavelli chiesero a molte persone locali se avevano visto Micheletto. Fortunatamente, i tre incontrarono una cortigiana chiamata Camilla, che disse l oro di aver trascorso la scorsa notte con un uomo che corrispondeva alla descrizione di Micheletto. Lei li indirizzò al porto, da cui partirono per Valencia.
Ezio, Machiavelli e Leonardo ottennero un passaggio per Valencia. Il viaggio durò cinque giorni, durante i quali il mare era particolarmente ostile, facendo perdere ai tre la possibilità di raggiungere Micheletto. Una volta arrivati, riuscirono a localizzare rapidamente Micheletto al Lupo Solitario, una locanda frequentata da criminali. Una volta arrivati, i tre entrarono, solo per venire subito attaccati da dieci uomini, i cui occhi erano abituati all'oscurità della locanda. Ezio e Machiavelli combatterono contro gli uomini, mentre Leonardo si nascondeva dietro al bancone. A un certo punto, Ezio venne preso da dietro e strangolato da Micheletto, ma una colpo allo stomaco del pugnale di Machiavelli costrinse Micheletto a lasciare la presa e fuggire.
Anche se Micheletto era fuggito, uno dei suoi subalterni era sopravvissuto all'attacco degli Assassini, e disse loro la destinazione di Micheletto: il Castillo de la Mota. Il giorno successivo, dopo un breve riposo, i tre partirono verso il Castillo.
Arrivarono troppo tardi. Ezio venne a sapere da una guardia che Cesare era fuggito, anche se non erano ancora sicuri di come fosse riuscito a scappare. Ezio chiese immediatamente un cavallo fresco, ma la stanchezza di Leonardo e i consigli di Machiavelli lo convinsero a riposarsi. Il mese seguente, rientrati a Valencia, i tre trovarono la città in preda di Cesare. Scoraggiati dalla piega degli avvenimenti, gli Assassini pianificarono la loro prossima mossa. Leonardo ebbe allora un'idea, chiedendo loro di raccogliere zolfo, nitrato di potassio e carbone, e delle lastre sottili di acciaio. Ottenuti i materiali, in breve tempo Leonardo riuscì a costruire una ventina di piccole bombe a mano, che dovevano essere gettate sulle postazioni nemiche dopo aver acceso la miccia. Leonardo poi disse a Ezio e Machiavelli che doveva tornare in Italia, avendo nostalgia di casa.

Attacco a Valencia

Ezio e Niccolò erano determinati a distruggere il nuovo esercito di Cesare, e insieme elaborarono un piano. Mentre Machiavelli si fece strada verso il campo degli irriducibili, Ezio si diresse al porto. Puntando la prima nave, Ezio accese la miccia e la gettò nella stiva, dubbioso del potere distruttivo che poteva avere un'arma tanto piccola. Ezio si sorprese quando la bomba esplose, distruggendo l'albero della nave da guerra, mentre le schegge di legno volavano in aria. Ezio continuò a bersagliare le navi di Cesare, e in diversi casi l'esplosione della bomba iniziale venne seguita dalla detonazione della polvere da sparo contenuta nella nave. Una di queste esplosioni, grazie alla polvere da sparo, fu talmente potente da distruggere le due navi al suo fianco. Tutto sommato, Ezio riuscì a distruggere dodici navi con le sue dieci bombe. Si ricongiunse poi con Machiavelli, all'angolo della strada dove si trovava il Lupo Solitario.
Salendo sul tetto dell'edificio, Ezio e Machiavelli si affacciarono sul cortile interno, dove Cesare e Micheletto stavano discutendo sulla svolte recenti degli avvenimenti. Cesare, rabbioso, sminuì Micheletto, incolpandolo per quello che era successo. Micheletto tentò allora di ucciderlo, ma Cesare, dopo essersi liberato, tirò rapidamente fuori una delle sue pistole dalla cintura, sparando a Micheletto, rovinando completamente il suo volto. Ezio tornò indietro, sperando di catturare Cesare mentre lasciava l'edificio, anche se Machiavelli, che si era proteso in avanti per ottenere una vista migliore, fece cadere una tegola, richiamando l'attenzione di Cesare.
Tirando fuori la sua seconda pistola altrettanto rapidamente come aveva fatto con la prima, Cesare sparò all'assassino, colpendo Machiavelli alla spalla.
Il primo pensiero di Ezio era inseguire Cesare, ma vedendo la grave ferita di Machiavelli, preferì occuparsi dell'amico. Trovato un medico, i due appresero che la pallottola aveva attraversato la spalla, e che Machiavelli sarebbe guarito nel giro di due settimane. Prima che Ezio parta per inseguire Cesare, Machiavelli, in procinto di tornare a Roma, gli augura buona fortuna.

La scomparsa di da Vinci

Mentre Cesare si era rifugiato presso il cognato Giovanni III d'Albret, Ezio fece ritorno a Roma. Mentre era in città, Ezio incontrò Leonardo per cercare un passaggio per tornare in Spagna. Leonardo gli disse che conosceva un capitano, di cui però non ricordava il nome. Mentre era lì, i due discuterono su degli scritti dei discepoli di Pitagora, che presentavano simboli simili a quelli della Mela. Dopodiché, Leonardo voleva accompagnare Ezio al porto, ma non poté lasciare lo studio incustodito. Ezio si offrì di riportare indietro l'apprendista di Leonardo: Salaì.
Ezio trovò Salaì a La Volpe Addormentata, mentre giocava ai dadi. Dopo un'iniziale resistenza, Salaì accettò di tornare alla bottega del maestro con Ezio. Una volta fuori, tre persone indossanti delle toghe, che giocavano con Salaì, pedinarono i due. Salaì allora si girò, dicendo che aveva smesso di giocare. A quel punto i tre, supportati da altri, attaccarono Ezio e Salaì. Una volta sconfitti i nemici, Salaì osservò che c'era un solo uomo con quelle abilità a Roma, riconoscendo Ezio, che suggerì di andare al laboratorio di Leonardo.
Eludendo i gruppi di Ermetisti tra loro e il laboratorio, Ezio e Salaì riuscirono a tornare, trovando il laboratorio distrutto e Leonardo scomparso. Salaì informò Ezio con rammarico di non conoscere la posizione del Tempio di Pitagora. Guardando verso il pavimento con tristezza, Salai notò una scritta sul pavimento, che suggeriva di cercare i dipinti di Leonardo che erano conservati a Villa Auditore, che contenevano indizi per localizzare il tempio. In un primo momento Ezio fu rinunciatario, commentando che tutti i dipinti erano stati bruciati durante l'assedio, ma Salai rispose dicendo che ne erano stati distrutti solo due, mentre uno, che non era di Leonardo, era stato venduto da Salai se stesso per acquistare un farsetto, mentre i restanti cinque erano tutti nelle mani di Lucrezia Borgia, ora duchessa di Ferrara.

Ricerca dei quadri

Ezio si recò quindi alla Delizia di Belriguardo, scalando le mura esterne del palazzo e ascoltando un discorso in cui Lucrezia, preoccupata per la sua vita, ordina alle guardie la massima allerta. Infiltratosi nel palazzo attraverso le scuderie, Ezio si confrontò con Lucrezia per riottenere i quadri rubati, dicendole che non era venuto per la sua vita. Di buon grado, Lucrezia disse a Ezio che tre dei quadri erano stati venduti a Francesco Colonna, mentre il quinto era nelle mani di un amante di Lucrezia, Patrizio. Una volta ordinato ai suoi uomini di caricare l'Annunciazione di Leonardo su un carro fuori dal palazzo, Lucrezia venne poi spinta contro il muro da Ezio, che iniziò a baciarle il collo intimamente. Ezio poi si allontanò da Lucrezia, che era stata legata alle tende. Lucrezia chiamò subito le guardie, che spinsero Ezio a fuggire velocemente dal palazzo. Riuscito a uscire, Ezio trovò il quadro.
Tornato a Roma, Ezio si diresse al Vaticano, dove seguì Patrizio, che sperava di poter vendere il suo quadro agli Ermetisti. Ezio osservò Ercole Massimo sminuire Patrizio per i suoi pensieri razzisti su Lucrezia Borgia, e lo uccise quando tentò di distruggere il quadro, in preda alla rabbia. Ezio poi inseguì l'ermetico a cui Ercole aveva assegnato il compito di trasportare il dipinto, recuperandolo.
Ezio si recò poi a casa di Francesco Colonna, per scoprire che la casa gli era stata sequestrata dalle banche. Gli fu detto però che i dipinti di da Vinci erano stati venduti a un mercante fiorentino, che stava per salpare al porto fluviale. Arrivato al porto, Ezio scoprì che il mercante non era altro che il vecchio fidanzato della sorella, Duccio de Luca. Duccio, riconosciuto Ezio, iniziò subito a offendere Ezio, dicendogli che viveva in un "letamaio di città" come Roma, e che la sorella si era decisa di "aprire le gambe" alla Rosa in Fiore. Per questo, Duccio ricevette un forte pugno al volto da Ezio. Duccio ordinò quindi ai suoi amici di attaccare Ezio, anche se riuscì facilmente a tenere testa ai suoi aggressori. Dopo averlo sconfitto, Ezio ottenne tutte le informazioni che voleva da Duccio, che tuttavia continuò a insultare Claudia, ricevendo un altro pugno da Ezio, che lo fece svenire.
Una volta sconfitto Duccio, Ezio andò alla barca del commerciante, che era stata occupata dagli Ermetisti, per recuperare il terzo dipinto. Ezio li eliminò rapidamente senza essere visto, riuscendo a ottenere anche il terzo quadro. Si diresse poi verso La Rosa in Fiore, per ottenere gli ultimi due quadri rimasti, che erano stati acquistati da un cardinale, per venire messi in mostra all'interno di Castel Sant'Angelo.

Esposizione d'arte

Una volta raggiunta la Rosa in Fiore, Ezio salutò calorosamente la sorella, trascurando di parlarle del suo incontro con Duccio. Da lei, Ezio apprese che l'accesso all'esposizione all'interno di Castel Sant'Angelo richiedeva un invito, anche se sapeva dove avrebbe potuto ottenerne uno. Ezio allora si infiltrò nei pressi di un di un nobile che aveva l'invito, ma trovò la scatola in cui doveva essere vuota, anche se scoprì subito do po che il nobile era andato alla mostra senza l'invito, e che un messaggero stava andando a portarglielo. Ezio inseguì e raggiunse il corriere, ottenendo l'invito. Ezio si ricongiunse poi con delle cortigiane di Claudia, e si fece aiutare per entrare senza farsi notare, dicendo loro che avrebbe segnato i quadri da rubare.
Ezio segnò i primi due quadri dopo aver distratto le guardie che li stavano sorvegliando all'esterno dell'edificio. Dopo averli segnati, Ezio procedette quindi a infiltrarsi all'interno di Castel Sant'Angelo. Usando la stessa strada che aveva preso per salvare Caterina anni prima, Ezio riuscì a entrare nelle stanze superiori. Dopo aver segnato il terzo quadro, Ezio fuggì rapidamente, mentre le cortigiane rubavano i quadri.
Ezio tornò alla bottega di Leonardo, dove i cinque dipinti erano stati portati. All'interno vi trovò Salaì, che stava già cercando qualsiasi indizio che portasse alla posizione del tempio, senza però trovare nulla. Salaì era sul punto di rinunciare, quando Ezio gli chiese se Leonardo potrebbe aver nascosto le sue ricerche. Salaì si ricordò che Leonardo aveva sperimentato degli inchiostri invisibili, e propose a Ezio di usare il suo dono dell'Occhio dell'aquila per trovare eventuali indizi. Ezio fece come gli venne chiesto, trovando dei piccoli disegni in ogni dipinto.
Dopo aver ispezionato tutti i dipinti, Ezio copiò tutti i disegni, mettendoli su un tavolo. Nonostante mancassero dei pezzi della mappa, andati distrutti nell'attacco a Monteriggioni, Ezio riordinò i pezzi della mappa, riuscendo quindi a trovare l'ingresso delle catacombe in cui c'era il Tempio di Pitagora. Immediatamente, Ezio partì per salvare l'amico.

Il Tempio di Pitagora

Entrato nelle catacombe, Ezio si recò verso il tempio. Mentre lo faceva, sentì Ercole Massimo picchiare Leonardo, nel tentativo di fargli aprire la porta del tempio. Ezio, arrivato, ordinò agli Ermetisti di fermarsi, e dopo un breve scambio di parole, venne attaccato dai tirapiedi di Ercole. Affrontati e uccisi gli uomini, Ezio salì da Ercole, uccidendolo con la Lama Celata. Liberato Leonardo, Ezio gli suggerì di andarsene, ma Leonardo lo contraddisse, dicendo che il "numero" che gli Ermetisti cercavano doveva essere distrutto per evitare che qualcun'altro lo scopra. Ezio accettò, e i due si inoltrarono nel Tempio.
In ogni stanza del Tempio, Ezio e Leonardo si trovarono di fronte a degli enigmi. Nella prima sala, Ezio dovette orientare una serie di fasci di luce, mentre nella seconda ha dovuto a reindirizzare il flusso d'aria in un grande meccanismo. Nell'ultima sala, Ezio dovette attivare delle leve, che fecero cadere del liquido infiammato in un percorso. Una volta completato il percorso, il pavimento al centro si abbassò, rivelando un grande piedistallo circolare. Ezio e Leonardo riconobbero i simboli sul piedistallo come quelli mostrati loro dalla Mela, anche se erano nell'ordine sbagliato. Ezio guardò Leonardo ruotare i pezzi del pilastro in modo che le immagini combaciassero, aprendo la porta dell'ultima stanza del Tempio.
Entrato nell'ultima stanza, Ezio riconobbe un'architettura che aveva già visto nel Tempio di Giunone. Quindi, Ezio andò verso il piedistallo centrale, mettendovi la sua mano sopra. Una luce splendente si attivò lungo il piedistallo, e pochi secondi dopo, l'intera stanza si era illuminata. Davanti a loro, si ripetevano sei numeri e due lettere: 43 39 19 N 75 27 42 W. Anche se Leonardo definì i numeri come inutili, Ezio capì che i numeri non erano destinati alla sua generazione. Quando Ezio gli disse che i numeri non erano destinati a loro, Leonardo gli chiese se gli nascondeva qualcosa, ma Ezio fu abile a cambiare discorso, iniziando a parlare dei futuri lavori di Leonardo.

Assedio di Viana

Nel 1507, Ezio localizzò Cesare Borgia, che stava comandando le forze del suo cognato Giovanni III d'Albret, assediando la città di Viana. Ezio ingaggiò Cesare in battaglia, ma venne quasi sopraffatto dai soldati di Cesare. Riuscito a sopravvivere a un attacco di artiglieria, Ezio rincorse Cesare, dirigendosi verso la città. Alla fine, riuscito a salire su una delle torri d'assedio delle forze di Cesare, Ezio impegnò in combattimento Cesare sui bastioni delle mura. Nonostante l'aiuto di alcuni soldati durante il duello, Ezio fu in grado di rompere l'armatura di Cesare e sopraffarlo. Quando Cesare, rabbioso, ripeté che nessun uomo avrebbe potuto ucciderlo, Ezio rispose freddamente che lo avrebbe lasciato al fato, prima di gettare Cesare dai bastioni della città, uccidendolo.
Anni dopo, un Ezio più vecchio fece ritorno al Santuario sotto Villa Auditore, per lasciare un indizio della parola d'accesso che proteggeva l'ingresso del Tempio di Giunone, come gli aveva suggerito l'amico Leonardo in precedenza. L'indizio era visibile solo a chi possedeva l'Occhio dell'aquila.

Viaggio in Medio Oriente

Scoperta di un nuovo stimolo

Con la morte di Cesare Borgia, le ambizioni dello Stato Pontificio per l'Italia erano terminate. Quindi, Ezio si concentrò sulle questioni interne dell'Ordine. Creò quindi una fitta rete di comunicazioni per gli Assassini che si estendeva da Venezia alla Sicilia, per poi lavorare su nuovi metodi di addestramento degli Assassini.
Nel 1510, tornato a Monteriggioni, Ezio trovò tra i documenti dello zio Mario una lettera scritta dal padre Giovanni un anno prima della sua nascita, che menzionava una biblioteca nascosta sotto Masyaf, colma di una saggezza inestimabile. Ezio parte quindi per la Siria.
10 mesi dopo la sua partenza da Roma, Ezio, che aveva soggiornato per una settimana ad Acri, partì finalmente per Masyaf, che temeva fosse entrata in possesso dei Templari, per comprendere le motivazioni che spingono gli Assassini e il suo ruolo nella battaglia, come scrive in una lettera alla sorella Claudia. Nella lettera, Ezio le chiese, in caso di fallimento e morte, di non cercare vendetta, ma di continuare la ricerca della verità.

Arrivo a Masyaf

Una volta arrivato a Masyaf nel marzo 1511, Ezio scoprì che la città era controllata dai Templari, comandati da Leandros. In netta inferiorità numerica, Ezio venne catturato dai Templari e portato sulla cima di una torre nella fortezza. Mentre Leandros si trovava alle spalle di Ezio per impiccarlo, quest'ultimo lo colpì, e dopo aver messo la corda attorno al Templare, Ezio lo utilizzò come base di appoggio per calarsi con la fune, riuscendo quindi a sfuggire ai Templari.
Scalato il mastio di Masyaf, Ezio si tuffò in un passaggio subacqueo, che lo condusse al corridoio che portava alla biblioteca di Altaïr, dove scoprì da un lavoratore che Leandros era in possesso del diario di Niccolò Polo, i cui contenuti conducevano alle Chiavi necessarie per aprire la porta. Ezio uscì quindi dalla fortezza, iniziando a pedinare Leandros.
Ezio si lanciò quindi all'inseguimento in carrozza di Leandros, che stava fuggendo in un villaggio vicino Masyaf. Tuttavia, la carovana di Ezio cadde fuori dalla strada dopo un'esplosione. Nonostante la caduta, Ezio riuscì a sopravvivere, e, anche se ferito, riuscì a farsi strada furtivamente nel villaggio, uccidere Leandros e recuperare il Diario di Niccolò Polo, che parlava di alcune Chiavi per accedere alla biblioteca.

Arrivo a Costantinopoli

Leggendo il diario di Niccolò, Ezio scoprì che queste chiavi erano nascoste a Costantinopoli, capitale dell'Impero Ottomano. Arrivato a Costantinopoli, scoprì dal capo della gilda locale, Yusuf Tazim, che i Templari stavano conquistando poco a poco Costantinopoli, e che costituivano quindi una minaccia per gli Assassini.
Così, mentre Ezio cercava le Chiavi nascoste a Costantinopoli grazie all'aiuto di Sofia Sartor, una libraia veneziana che aiutò Ezio a trovare le posizioni dei libri che parlavano delle Chiavi, tentava anche di respingere l'esercito dei bizantini e di scoprire chi tra di loro aveva l'ultima chiave.

Ricerca dei Bizantini

Dopo aver trovato la prima chiave, Ezio incontra Yusuf, che gli dice di aver scoperto che i bizantini intendono attaccare il principe Solimano al Palazzo Topkapı. Ezio, Yusuf, e gli altri Assassini si recano al Palazzo, dove stordiscono dei menestrelli assoldati per la festa che si terrà quella sera. Preso il posto dei menestrelli, gli Assassini riescono a proteggere Solimano dagli agenti bizantini. Solimano chiede poi a Ezio di incontrarlo in seguito.
Solimano assegna a Ezio il compito di sorvegliare un incontro tra lui, il principe Ahmet, e Tarik Barleti, capo del corpo dei Giannizzeri, che non sono riusciti a proteggere Solimano. Nell'incontro, Solimano mette in evidenza che i Giannizzeri non sono stati in grado di proteggere il palazzo, e chiede a Ezio di sorvegliare i movimenti di Tarik. Durante la sua investigazione, Ezio scoprì che Tarik era implicato in un commercio di armi da fuoco con Manuele Paleologo, erede al trono dell'Impero Bizantino e membro dei Templari, e il suo socio Shahkulu.
Scoperti i traffici di armi, Solimano assegna a Ezio il compito di uccidere Tarik, colpevole di aver tradito il sultano. Ucciso un Giannizzero e rubata la sua divisa, Ezio si infiltrò nell'accampamento dei Giannizzeri, dove riuscì ad assassinare Tarik, solo per scoprire che in realtà non stava aiutando Manuele, ma che aveva inviato i suoi uomini assieme alle armi solo per colpire i bizantini dove si sentivano più sicuri, in Cappadocia. Prima di morire, Tarik chiede a Ezio di sconfiggere i bizantini. Riferita la notizia a Solimano, quest'ultimo gli fa preparare una nave per raggiungere i Templari in Cappadocia.

Viaggio in Cappadocia

Mentre indagava, Ezio era entrato in possesso delle quattro Chiavi di Masyaf rimaste nascoste in città, e all'appello mancava l'ultima Chiave, quella in possesso di Manuele Paleologo. Mentre si recava al porto, venne fermato da Yusuf, che gli spiegò che i Giannizzeri avevano teso la Grande Catena per bloccare un'eventuale fuga di Ezio da Costantinopoli, ricercato per l'omicidio di Tarik. Yusuf diede quindi a Ezio una Bomba molto potente per distruggere la torre da cui partiva la catena.
Ezio si recò quindi alla torre, che distrusse con la bomba. Per sfuggire alle macerie, utilizzò una fune tesa, che lo portò a una delle banchine del porto. Una volta bruciate con il Fuoco greco le navi dei Giannizzeri, Ezio le utilizzò per raggiungere la nave di Piri Reis, con cui salpò per la Cappadocia.
Arrivato in Cappadocia, Ezio andò alla ricerca delle spie inviate da Tarik, ma scoprì da una delle spie, Dilara, che erano stati quasi tutti catturati dai Bizantini. Ezio riuscì a salvare comunque alcune delle spie dall'esecuzione, e a uccidere Shahkulu.
Una volta salvate le spie, Ezio si diresse al magazzino di polvere da sparo dove, una volta uccise le guardie, fece esplodere la polvere, gettando la città nel panico e costruendosi l'occasione per trovare Manuele. Una volta raggiunto, lo inseguì e lo uccise, recuperando l'ultima Chiave. Subito dopo aver ucciso Manuele, Ezio venne raggiunto da Ahmet, lo zio di Solimano ed erede al trono ottomano.
Rivelatosi essere il capo dei Templari, Ahmet chiese a Ezio le Chiavi, minacciandolo di uccidere Sofia se si fosse rifiutato. Arrabbiato e preoccupato per Sofia, Ezio andò via dalla città, caduta nel panico, e tornò a Costantinopoli sulla nave di Piri Reis.

Confronto con Ahmet

Arrivato a Costantinopoli, Ezio si diresse velocemente alla bottega di Sofia, dove trovò il posto in completo disordine e Yusuf, a cui aveva chiesto di proteggere Sofia mentre era in Cappadocia, morto. In cerca di vendetta, Ezio chiese agli Assassini di combattere con lui per sconfiggere Ahmet all'Arsenale. Trovato Ahmet, quest'ultimo disse a Ezio di portare le chiavi alla Torre di Galata per scambiarle con la vita di Sofia. Tornato al Covo e raccolte le Chiavi, Ezio chiese ai suoi compagni Assassini di proteggerlo durante lo scambio. Arrivati alla torre, Ezio diede ad Ahmet le Chiavi, e lo lasciò andare a riprendere Sofia, che era tenuta sulla cima della torre. Scalata la torre, Ezio scoprì che la donna non era Sofia, ma che lei era appesa a una corda in un cortile, e stava per morire strangolata. Paracadutatosi dalla cima della torre verso il cortile, Ezio riuscì a salvare Sofia. Assicuratosi che Sofia stia bene, i due partirono su un carro all'inseguimento di Ahmet, che stava lasciando Costantinopoli.
Dopo un inseguimento in carrozza in cui Ezio dovette uccidere i Bizantini che si frapponevano tra lui e Ahmet, Ezio raggiunse il carro del principe, ma i due caddero in un precipizio. Nel volo, Ezio e Ahmet duellarono, e infine Ezio riuscì ad aprire un paracadute per salvarsi, ma Ahmet si aggrappò alla sua gamba, e i due caddero a terra. I due, feriti, si rialzarono, ma in quel momento arrivò il fratello di Ahmet e padre di Solimano: Selim. Selim spiegò ad Ahmet che il padre, Bayezid II, aveva infine scelto lui come successore, e immediatamente gli mise le mani alla gola, gettandolo infine nel mare. Selim si rivolse poi a Ezio, a cui disse di averlo risparmiato solo per le considerazioni su di lui fatte dal figlio. Dopodiché, gli intimò di andarsene da Costantinopoli e non fare più ritorno. Sentendosi colpito dalle parole di Selim, Ezio lo attaccò, ma venne fermato da Sofia prima che potesse colpire.

Ritorno a Masyaf

"E qui alfine scopro una strana verità: sono solo il tramite per un messaggio che elude la mia comprensione. Chi siamo noi, benedetti a tal punto da condividere le nostre storie così, da parlaci attraverso i secoli?"
―Ezio Auditore da Firenze
Molte settimane dopo, in seguito a un lungo viaggio, Ezio e Sofia arrivarono a Masyaf, ormai abbandonata anche dai Bizantini. Entrati nel palazzo, i due si diressero alla porta della Biblioteca. Collocate le Chiavi, Ezio vi entrò, mentre Sofia rimase fuori ad aspettarlo. Nella Biblioteca trovò lo scheletro di Altaïr, che aveva in mano un altro Sigillo della memoria. Grazie a questo Sigillo, Ezio scoprì che Altaïr aveva nascosto all'interno della Biblioteca la Mela dell'Eden in suo possesso, mentre aveva fatto portare i libri ad Alessandria.
Ezio si diresse verso la Mela, ma capì di aver visto abbastanza nella sua vita. Subito dopo, la Mela diede un impulso, che gli fece tornare in mente il nome di Desmond, che aveva udito da Minerva nella Cripta. Rivolgendosi a Desmond, mentre si levava i bracciali e la spada di dosso, gli dichiarò la fine della sua vita come Assassino. Incoraggiandolo a porre fine alla sofferenza provocata dalla guerra tra Assassini e Templari, Ezio mise una mano sulla spalla dell'ologramma di Desmond che si era creato davanti a lui, e gli disse di ascoltare.



"Ho vissuto spingendomi sempre oltre i limiti, ma non sono stato in grado di sfuggire al mio destino, alla rabbia, al dolore."
―Ezio Auditore da Firenze

Ultimi anni

"Quando ero giovane, avevo la libertà, ma non la vedevo. Avevo il tempo, ma non lo sapevo. E avevo l'amore, ma non lo provavo."
―Ezio Auditore da Firenze
In seguito, assieme a Sofia Sartor, una libraia veneziana che divenne sua moglie, tornò in Toscana, dove andò a vivere in una villa nelle campagne. Da Sofia ebbe un figlio, Marcello, ed una figlia, Flavia.
Ezio morì a 65 anni nella Piazza del Duomo di Firenze per un attacco di cuore. Le ultime cose che vide furono Sofia e Flavia sorridenti.

Armature

Durante i tre capitoli della saga incentrati su di lui, Ezio potra' ottenere diverse armature:

-Armatura di Altair: ottenibile prendendo tutti e sei i dischi, nelle sei tombe degli assassini; una volta ottenuti tutti i dischi Ezio li inserira' nelle sei statue del santuario di Monteriggioni. Una volte messi i dischi nelle rispettive statute si aprira' quella dove c'è la statua di Altair con indosso la sua armatura. Ezio la indossera'. L'armatura' e' indistruttibile e porta la salute al massimo. ( in Assassin's Creed II).
In Assassin's Creed Brotherhood l'armatura e'  disponibile solo nella prima sequenza mentre successivamente sara' ottenibile come ricompensa tramite Uplay (20 unita'). A differenza del capitolo precedente l'armatura non aumenta la salute, quest'ultima rimane invariata, l'armatura ha quindi solo funzione estetica.












-Armatura di Bruto: ottenibile prendendo tutti e sei i dischi, nei sei rifugi dei seguaci di Romolo; una volta ottenuti tutti i dischi Ezio li inserira' nelle fessure della porta della caverna di Romolo. Una volte messi i dischi Ezio indossera' l'armatura e otterra' anche la daga di Bruto, l'arma piu' potente del gioco'. L'armatura' e' indistruttibile e porta la salute al massimo. (in Assassin's Creed Brotherhood).
In Assassin's Creed Revelations l'armatura e' ottenibile scaricando il DLC "L'archivio perduto". A differenza di Brotherhood l'armatura non aumenta la salute, quest'ultima rimane invariata, l'armatura ha quindi solo funzione estetica.









-Armatura di Drachen: ottenibile solo scaricando il DLC "La Scomparsa di Da Vinci". L'armatura' e' indistruttibile e porta la salute al massimo.
(Assassin's Creed Brotherhood)













-Armatura di Ishak Pasha: a differenza dei precedenti capitoli della saga, quest'armatura si potra' ottenere raccogliendo le dieci pagine del diaro di Ishak Pasha sparse per Costantinopoli. Una volta prese tutte si sblocchera' l'ingresso della tomba di Ishak Pasha a Santa Sofia, completatando il livello si otterra' l'armatura. L'armatura' e' indistruttibile e porta la salute al massimo (in Assassin's Creed Revelations)









-Armatura Maestro Assassino: ottenibile facendo diventare sette adepti al grado assassino. Esteriormente e' molto simile alla tenuta di Ezio in Assassin's Creed Revelations, differisce solo per alcuni dettagli di colore oro. (in Assassin's Creed Revelations).

Ezio Auditore e' uno dei personaggi principali del gioco. Appare in Assassins' Creed II, Assassin's Creed II:Discovery, Assassin's Creed Brotherhood e Assassin's Creed Revelations.















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